Le opere

Le avventure di Joker, un racconto satirico-autobiografico con episodi del passato e modeste riflessioni sul presente di un quarantenne senza alcuna presunzione letteraria, ma con il desiderio di lasciare una testimonianza condivisibile di emozioni ed esperienze di vita. Il presupposto è la libertà interiore, il conoscere ed accettare gli altri per poter accettare anche noi stessi e soprattutto il sapere che siamo ciò che siamo. Ma per fare ciò, è necessario andare oltre i pregiudizi, i confini, le imposizioni ed i principi stabiliti dalle strutture di convinzione, e non è facile. E` dedicato a tutti coloro che hanno la volontà di comprendere che la vita è comunque un percorso che dipende esclusivamente da noi ed hanno la capacità di distinguere gli insegnamenti giusti e farli propri e, trovandosi davanti ad ostacoli che sembrano insormontabili, hanno il bisogno di credere in se stessi.

Seguito naturale della prima opera “Batman & Joker” (ed. Boopen 2010), altri ventuno capitoli di un libro che potrebbe risultare, per chi non è dotato di particolare spirito, fantasia e senso ironico, non esaurientemente comprensibile se non si è letto il primo.

Terza botta di libro per Joker alias Paolo Brivio. L'autore milanese, al quarantacinquesimo giro di boa, non smette di stupire e spara a zero su tutto e tutti. Un cult di sociologia spiccia, condito dalla solita vena autoironica, ………. a cominciare dalla copertina! Ma purtroppo non si può dire, o meglio, scrivere tutto. Nato Milano nel 1965, è alla sua terza opera genere autobiografico-narrativo. Seguito naturale delle prime due: "Batman & Joker" (ed. Boopen 2010) e "Stelle senza cielo"(ed. Boopen 2011), soliti ventuno capitoli da "Scorpione" puro. Più conformista e meno intellettuale?…… Forse. Senza eccezione, ama sempre meno leggere.

L’antologia del Culturista: “Personalmente interpreto Joker come un personaggio che si distingue per la sua tendenza ad imporsi come leader di gruppo, con conseguente idiosincrasia alle autorità riconosciute, per avversione all’acquiescenza e al conformismo sociale, per propensione alla conflittualità piuttosto che alla conciliazione, per pragmatismo e concretezza, che solo raramente lasciano spazio al sentimentalismo.

Pur mostrando, generalmente, l’atteggiamento di avaro cognitivo, Homo Oeconomicus e motivated tactician, qualora veramente interessato a qualcosa dimostra grandi capacità di applicazione, competenza e professionalità.

Molto ambizioso, abitualmente provocatorio, con pungente ironia e sarcasmo si delizia ad irritare i suoi interlocutori, con la sua cruenta, cruda ed incisiva dialettica.

Ostenta grande sicurezza di sé, a volte celata da una calcolata modestia, contraddicendo spesso le asserzioni altrui, specie delle persone ritenute più autorevoli da parte della maggioranza conformista.

Non si accontenta delle spiegazioni sommarie o superficiali, bensì per convincerlo occorre provargliele scientificamente, con tanto di citazioni autorevoli.

E’ spiccatamente avverso all’ordine costituito, concetto che non riesce proprio ad interiorizzare.

Spavaldo, aggressivo, a volte cinico, sembra desiderare di essere rispettato e temuto, tuttavia   dietro   alla maschera che indossa si nasconde una persona molto più umana e sensibile di quanto può apparire.

Non è certamente un ipocrita buonista ed accomodante.

A mio parere, particolarmente influenzato dal confronto sociale predilige l’attacco, allo scopo di condizionare gli altri nella formazione di un giudizio positivo di sé.

Tuttavia, con chi si dimostra rispettoso e considerevole nei suoi confronti palesa molta generosità, anche d’animo.

E’ piuttosto passionale.

Egli è un tipico esemplare di W.A.S.P., colui che non si affida alla divina provvidenza e non crede che il proprio destino sia già predeterminato o segnato dal fato, bensì lo ritiene dipendente esclusivamente da se stesso e, in ciò, non è indulgente con se stesso, non cerca scuse e giustificazioni per i propri insuccessi.

E’, infatti, intraprendente, tenace, coraggioso e temerario.

In perfetta sintonia con il precetto Machiavelliano mostratevi così come desiderate essere, si concentra sull’apparire nel modo che ritiene più opportuno, più consono alla propria immagine.

E’, per dirlo in gergo comune, una persona che sa il fatto suo, ossia non è certo uno sprovveduto.

Riassumendolo in poche parole, direi che è una persona molto complessa e di difficile lettura che probabilmente, dietro alla barriera eretta a protezione del proprio sé sociale, nasconde e custodisce gelosamente i propri pregi e le proprie virtù.

Credo che a chi ha la possibilità di conoscerlo meglio, in modo più approfondito, potrebbe riservare piacevoli sorprese.

I due personaggi, Batman e Joker, riassumono perfettamente la sua personalità, un individuo insofferente, in costante tensione con se stesso, in cui sono compresenti e si compenetrano le due tendenze ad essere eroe o antieroe, per precise scelte dettate dalla propria autocoscienza, a seconda del contesto, come facce opposte della stessa medaglia tra loro in continua opposizione dialettica, che ne determinano un equilibrio estremamente precario. Una persona sempre alla ricerca di nuovi stimoli e nuovi traguardi da raggiungere, difficilmente in pace con se stessa e sempre alla ricerca di una conciliazione tra il se reale e il se ideale e di una propria identità più stabile e meno conflittuale”.                

 

Joker nel paese delle meraviglie

Quarto viaggio letterario per Joker, alias Batman, alias Paolo Brivio, l’autore milanese, ormai lanciato come un Geronimo Stilton, cambia colore, volta pagina e si butta sul romanzo puro senza troppi fronzoli.

    …..ma chi ci crede?

Si distrugge in un attimo, ci vuole tanto per ricostruire.

Un’opera paradossale frutto di riflessioni e pensieri nati dalla più completa impulsività.

Non sarà quindi difficile trovare componimenti che si contrastano o che sembrano annullarsi a vicenda, il concetto di dualità richiede letture impulsive, non conta il messaggio nascosto all’interno conta il significato che voi darete gratuitamente.

Io  non voglio dire nulla, sarete voi a dire tutto.

 

Prefazione

 

In un mondo di vecchi, Joker osservava la vita con gli occhi di Alice nel paese delle meraviglie e sempre più intangibile, si preparava al suo quarto fantastico viaggio.

La notte, quella immensa casa che custodiva chissà quali segreti e storie passate, non gli faceva più paura, il salto nell’universo parallelo, il mondo di Logan nella cornice inquietante di Gotham City non era più pura immaginazione o mera suggestione, il cammino era iniziato.

Tutto si era avverato come scritto, il delirio vietato ai minori di 18.

 

   

I.                       La buca

II.                    La selva

III.                Sveglia alle sette

IV.                Il quarto viaggio

V.                    Le puttane degli Abissi

VI.                La Vigna un anno dopo

VII.            Silvan de Milan

VIII.   Il cortile trash, la storia infinita

IX.               Astri, Karate … e ci risiamo!

X.                 Magda & Helmut

XI.              Spa, Thai and Fashion (V.M. 18)

XII.           Il Buio

XIII.        L’ultima vera Alba

XIV.      Joker nel paese delle meraviglie

XV.             Sono di un’altra razza!

XVI.    2014

XVII.  La famiglia

XVIII. Il Bronzo

XIX.        Anno nuovo, vita nuova

XX.           Lettera a Pal

XXI.       La Babilonia

 

 

            La buca

 Tutto cominciò dal crepuscolo.

Quella cazz… di sensazione pesante che comincia al risveglio frammista a cervicale che ti stordisce ed accompagna per tutta la giornata, ti fa da subito pensare che sarà una giornata come tutte le altre, ma nello stesso tempo, forse perché nel profondo lo desideri, ti senti che succederà qualcosa e naturalmente ti aspetti un evento che, se non del tutto negativo, sarà perlomeno poco gradevole e di sicuro non trasgressivo come ti piacerebbe.

Nell’elenco delle cose che possono accadere al medio man, ci potremmo mettere:

1.     Non trovi le chiavi o le dimentichi attaccate alla basculante del box;

2.     Dai 5 euro inebetito ad una sconosciuta che ti chiede un’offerta per la giornata internazionale del bambino con la sifilide;

3.     Dopo trenta minuti di attesa in posta, il bancomat non funziona;

4.     Prendi la multa con decurtazione dei punti perché andavi a 60 all’ora nel centro abitato;

5.     La macchinetta del caffè dell’ufficio ti fotte i 50  soli centesimi che hai in tasca ed allora vai al bar e ti bevi l’ennesimo caffè schifoso;

6.     Ti ungi la camicia con gli spaghetti;

7.     Trovi la macchina segnata;

8.      La scuola ti chiama perché tua figlia ha il mal di pancia;

9.     Appena ti siedi a cena squilla il telefono;

10.   E per concludere la giornata, tanto per cambiare, tua moglie ha il caz… di mal di testa.

Niente di tutto questo, la giornata filò liscia come olio nel solito squallore con il valore aggiunto dell’immondizia da vuotare, ma Joker, da quel viaggio con il sacco del secco in una mano e il bidone dell’umido nell’altra, non fece più ritorno.

Il mondo onirico che aveva solo immaginato, l’universo parallelo fatto di paradossi, assurdità e di nonsensi della vita terrena, si stavano fondendo in una terza dimensione, il paese delle meraviglie di Joker.

Il selciato della chiesa, richiamò l’attenzione di Joker, uno strano rumore sembrava proprio provenisse da là sotto mentre il sole stava inesorabilmente tramontando.

In una frazione di secondo il buio scese su tutta la piazza, Joker guardò in alto il solo raggio di  luce  che  proveniva dalla finestra accesa del suo studio e si avviò d’impulso verso la chiesa sconsacrata nella quale non aveva mai messo piede prima d’ora.

Sotto il pulpito si scorgeva appena una bocca di lupo che sembrava ti sussurrasse “vieni, vieni …. coglione!”, Joker esitò poco e infilò la testa nella buca completamente inconsapevole che il quarto viaggio fosse già iniziato.

L’ombra che più volte aveva avvertito nella sua esistenza, in questo frangente, se ne guardò bene dal farsi sentire e Joker si ritrovò a capofitto in quel grosso imbuto tanto simile alla via dell’inferno dantesco.

In quel vortice che lo tirava sempre più sotto, cominciò a ripercorrere, in un tempo senz’ordine, tutto e di più di ciò che nella sua esistenza terrena rappresentava il fantasma.

Batman non poteva più accorrere in suo aiuto, era la terza dimensione dove non esiste vita e morte, dove il Bianconiglio delle favole è rappresentante del male ed ha sembianze mostruose viste solo nelle copertine degli Iron Maiden.

Joker sapeva bene che una volta giunto nella buca, il cazzo di coniglio sarebbe stato lì ad accoglierlo con i suoi dentoni orrendi e la risata alla Ozzy Osbourne e questo gli aveva già tolto un po’ di quell’adrenalina che tanto aveva cercato invano da anni ed anni dopo la fine dei mitici anni 80.

Man mano che scendeva, cominciò a respirare a fatica, temendo la crisi di asma che in molte occasioni gli aveva fatto vedere la morte in faccia, gli occhi si stavano vetrificando ed i sudori freddi da collasso o congestione salivano come la fitta allo sterno delle notti più agitate.

La cervicale gli aveva ormai bloccato collo e deltoidi, il ginocchio sinistro cantava vendetta e ci mancava solo il tumore rarissimo, in apnea vedeva la buca, “quasi ci siamo!”, Joker è come se stesse rinascendo, forse nella sua vita è stato solo una ninfa, “finalmente diverrai farfalla!”.

Sogno o realtà, non faceva più alcuna differenza, le viscere della terra erano pronte ad accoglierlo e lui era tornato il vecchio lottatore di sempre, l’eterno ragazzo, incantato ed  affascinato dall’incognito.

Come in un pozzo artesiano della più fervida fantascienza, si ritrovò a galleggiare leggero come non   mai,  in  uno  specchio  d’acqua tanto   immenso quanto desolante del quale non si vedeva né il fondo né tantomeno l’orizzonte.

Joker era lì nel mezzo solo con la paura numero uno che aveva accompagnato tanti sogni ed immaginava Caronte che da un momento all’altro, sarebbe comparso per portarlo sulle sponde dell’inferno.

La cognizione del tempo sembrava ormai così lontana che l’assalì quell’angoscia e senso di colpa che ti paralizza al pensiero di avere sacrificato i tuoi affetti più cari per riprenderti finalmente la vita anche se in un altro universo parallelo.

La sua inguaribile impazienza, nonostante la situazione irreale, non l’aveva abbandonato e così cominciò comunque a nuotare, le gambe pesanti e la paura di bere, impedivano al suo corpo di assumere una posizione  esattamente orizzontale e di conseguenza, per muoversi, le braccia dovevano faticare il doppio.

Joker, di certo, non è mai stato un buon nuotatore neanche nella vita terrena, ma d’altra parte è così!

L’acqua, di color piombo scuro, aveva uno strano odore metallico, Joker si rivolse verso l’alto, sperando di vedere la seconda stella a destra che lo guidasse per chissà dove, ma trovò ancora una volta il nulla.

“Ma dove minchia sono finito?”

La sua inguaribile impulsività, nonostante la situazione incerta, non gli impedì comunque di trattenersi  dallo spingersi sempre oltre, l’acqua, ad un tratto, non gli faceva più paura e si sentì leggero.

Per la prima volta incominciò a pensare dalla cosa meno difficile e raggiunse la riva senza rimuginare a Caronte.

Sapeva che il coniglio era lì da qualche parte e che da un momento all’altro sarebbe saltato fuori dal cilindro per mostrarsi come un navigato politicante con la maschera da buono per ingannarlo.

All’improvviso una folata di vento minaccioso, Joker guardò il cielo nero, si sentì il rumore agghiacciante  delle grandi ali e una orribile arpia che volava sopra di lui planò come un’aquila per scendere a pochi metri dalla sua vista.

Il viso bellissimo di donna e gli occhi porpora penetranti per un attimo lo lasciarono basito, Joker, per orgoglio restò immobile con il cuore a mille, “chi sei?”, con un filo di voce, la creatura si avvicinò e con voce suadente quasi da trans, “Ocipete!”, “sei venuta per rapirmi, vero?”, Joker prese coraggio e Ocipete: “tu vuoi essere rapito?”, Joker pensò all’ottavo canto dell’Inferno di Dante: “e…. che sia già morto ed è venuta a prendere la mia anima?”.

Di colpo si alzò il vento e la tempesta non tardò a farsi sentire, l’arpia si sollevò in volo e scomparve fra le nuvole.

Joker cominciò così il suo cammino addentrandosi nella foresta oscura.

    

                                                 La selva

 

Trattenne per un attimo il fiato e si buttò a capofitto, per la prima volta senza una meta, nella più totale confusione interiore, camminò e camminò finché le sue gambe ressero ed al buio del tramonto scorse una vetusta Osteria con cucina e camere da battaglia al piano superiore e senza esitare vi entrò.“Che cazz… di posto!”, fu il suo primo pensiero, buio come le botteghe di provincia e quel tipico odore di cucina sporca da pensione, Joker si accomodò su un vecchio sgabello di legno mezzo tarmato al bancone del bar, come se niente fosse, in attesa di vedere cosa potesse succedere.

Un flash lo riportò alla realtà, dal retro spunta la fotocopia di Mercoledì figlia degli Addams, invecchiata di almeno trent’anni, il calendario appeso alla parete ingiallita, segna proprio Mercoledì 23 gennaio 2013.

Joker esce fuori di corsa, guarda la vecchia insegna,  “minchia, è proprio l’albergo del “Gian il Bellino” …  allora siamo sulle rive dell’Arda, sono a casa!!!”.

A dire il vero, due sentimenti diametralmente opposti, lo assalirono frammisti d’ansia: felice di essere uscito dall’incubo, infelice di essere tornato alla materialità.

Il famoso brivido sulla schiena, qualche fiocco di neve che cominciava minacciosamente a scendere, intrappolato nella selva della quotidianità, Joker, si accasciò per un attimo stanco morto, pensò …….. “da domani!”.

 

            Sveglia alle sette

  

Difatti, alle sette in punto, la radiosveglia sintonizzata su Radio 101 al grido “è una famiglia schifosa!” della Carica dei 101, fa sobbalzare, si fa per dire, Joker dal letto.

Lentamente scende i tre scalini rassegnato ed infranto, si dirige come un automa verso lo specchio del bagno, apre gli occhi e si rivede biondo platino ancora non convinto di essere di nuovo nel mondo reale.

Invece che sentirsi sempre sulla soglia, vorrebbe svegliarsi ed essere una persona diversa, una crisalide nella notte magica, di giorno una farfalla inesorabilmente legata al suo destino.

“Ciò che per la crisalide è la fine del mondo, il mondo chiama farfalla”, diceva il filosofo cinese Lao Tze.

Noi viviamo secondo l'idea che abbiamo della vita, o meglio, secondo l’idea che gli altri, l’ambiente, ci hanno dettato e alla quale, senza esserne consapevoli, abbiamo aderito.

 Abbiamo dimenticato i nostri ritmi naturali e perdendo i fili che ci legavano al fluire dell’universo, abbiamo perso la nostra “casa”,  il nostro “regno”, i nostri affetti, i nostri sogni, i nostri figli, i nostri ideali, abbiamo perso il nostro spirito.

Per molti di noi l’unica esperienza che abbiamo di esso spesso si esprime come sensazione di scarsità, la sensazione che nella vita ci manca qualcosa, che non siamo al “al posto giusto” o che non siamo sufficientemente meritevoli o adeguati o che non abbiamo “abbastanza”.

I momenti in cui il nostro disagio esistenziale è più grande sono, in realtà, i momenti in cui lo spirito fa sentire maggiormente il suo richiamo.

Questi sono momenti in cui “sostiamo sulla soglia” di un possibile risveglio spirituale, momenti in cui la nostra vecchia identità  è caduta e la nuova ancora deve venire.

Questo è lo stadio di vita della crisalide.

Grande parte della nostra sofferenza, in questo stato, deriva dalla nostra mancanza di riconoscimento e di accettazione di questo bisogno di trasformazione.

Se esaminiamo la nostra vita attuale, in profondità, possiamo dire di essere soddisfatti di noi stessi? Viviamo la vita che veramente volevamo vivere?

Facciamo ciò che amiamo o ciò che dobbiamo fare? Ci ritroviamo anche noi ad aver smarrito la via?

Se la risposta è sì, ebbene questa è proprio la nostra vita!

Ma il punto importante non è in che punto siamo, ma quel che intendiamo fare al riguardo.

Possiamo disperarci, dissipare la nostra energia e andare avanti comunque (anche questa è una scelta da rispettare); possiamo fare qualche cambiamento esteriore oppure possiamo decidere di accogliere il richiamo dello spirito che ci invita a riscrivere il copione della nostra vita.

E’ necessario un processo di trasformazione interiore per passare dalla vecchia identità alla nuova con maggiore consapevolezza, meno sofferenza e in tempi più rapidi.

E quanto più ci sentiamo disperati, falliti, incapaci, tanto più siamo vicini al punto di svolta, di ritorno e tanto più facile sarà la scelta di abbandonarci al richiamo dello spirito.

Come un processo di alchimia interiore, abbiamo da perdere soltanto la nostra sofferenza alla quale ci siamo talmente abituati da avere una paura boia a lasciarla andare!

 

Joker, come da sempre, è ripiombato ancora una volta nel girone dei dannati e di tempo per l’agognata trasformazione non c’è ne più.

Si distrugge in un attimo, ci vuole tanto per ricostruire.

La visione del “Paese delle meraviglie” assomiglia più ad una novella da Decamerone.

Ma ora è biondo!

 

JOKER SUBISCE ANCORA

Joker subisce ancora, ma lui non lo sa, è questa la novità.

Guardatelo, è solo l’ombra di se stesso e del suo vagare, rincorre il vento e non vive il presente, ma vede tutto, sente tutto e scrive tutto …. fino alla rinascita! 

Dicono sia difficile affrontare le proprie paure, sconfiggerle, vincere la lunga ed estenuante guerra contro le ombre nere che si celano dentro la nostra mente.

Ombre mostruose che danzano intorno alla nostra sanità mentale in un valzer seducente sul bordo della follia.

Si volteggia, stretti l’un l’altro, fino al momento del casquè, la nostra paura più grande ci guarda negli occhi e ci lascia lentamente cadere e noi infine precipitiamo.

Continuiamo a cascare per un tempo che sembra infinito e arrivati fino in fondo, diventiamo l’ennesimo soldato dell’esercito dei folli, un esercito di malati di mente che arranca sbavando, strabuzzando gli occhi, lanciando orrendi versi gutturali.

Per me è stato diverso!

Ho stretto forte le mani intorno al collo della mia paura, abbiamo volteggiato avvinghiati, più una lotta che un ballo e numerosi volteggi dopo, arrivato il momento del casquè, ero io a guidare la danza.

Siamo l’uno stretto all’altra, in equilibrio molto precario su quel bordo pericolante, ma non mollo, non posso mollare!

Arrendermi significherebbe perdere tutto, tutto quello che ho guadagnato.

Ho accettato di convivere con la mia fobia, ho accettato di farla mia alleata, ora è l’unica cosa che mi separa da loro.

 

Un vetro sottile, precario, che a ogni folata di vento trema minacciando di cadere e infrangersi in mille pezzi, ma fino a che la lastra regge io sono qui, vivo.

 

Viviamo in un mondo ormai a pezzi, un mondo che si sta sgretolando come un castello di sabbia attaccato dal vento e dalle onde, lo vediamo sbriciolarsi, perdere forma, accasciarsi sempre di più fin a quando riconosceremo solo la bandiera che un tempo sventolava sulla torre.

 

Un mondo di cui non voglio far parte, un mondo che ho tagliato fuori dalla mia vita grazie a una porta blindata chiusa e sprangata che non permette a me di uscire né a lui di entrare.

 

Parecchie volte mi sono avvicinato allo spioncino e ho guardato fuori dalla porta, la retina che viene impressa con le immagini di un pianerottolo asettico, bianco, una rampa di scale che scende, una rampa di scale che sale.

 

Ho osservato le persone: uomini incravattati che stringevano valigette, donne grasse con buste della spesa, bambini dai capelli rossi con una palla sotto il braccio, celato ai loro occhi, io vedevo loro, ma loro non vedevano me.

 

Qui ho tutto quello che mi serve, fuori c’è una guerra, una guerra che non fa prigionieri, una guerra contro le ombre che si fermeranno solamente quando l’ultimo filo della ragione sarà tagliato.

 

Una guerra che non ho intenzione di fargli vincere!

 

 

 

 

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